Cellule Natural Killer: nuova speranza contro i linfomi

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Quando il sistema immunitario incontra l’innovazione

Il sistema immunitario è una delle risorse più straordinarie che abbiamo per prenderci cura della nostra salute. Quando viene sostenuto e guidato dalla Ricerca medico-scientifica, può aprire strade terapeutiche del tutto nuove. È il caso delle cellule Natural Killer (NK), oggi al centro di studi promettenti per trattare tumori complessi come i linfomi aggressivi.

Cosa sono le cellule NK?

Le cellule Natural Killer fanno parte delle nostre difese naturali. Il loro compito è riconoscere rapidamente le cellule “sospette” – come quelle tumorali o infettate da virus – ed eliminarle. A differenza di altri tipi di cellule del sistema immunitario, le NK non hanno bisogno di una precedente attivazione per agire: sono pronte a intervenire fin da subito.

La Ricerca ha dimostrato che una maggiore presenza di cellule NK nell’organismo è associata a migliori risposte ai trattamenti oncologici. Per questo, potenziarle è diventato un obiettivo strategico nel campo dell’immunoterapia.

Un progetto per i pazienti con linfomi recidivati

Per i pazienti con linfomi B-linfocitari aggressivi in recidiva – cioè che ritornano dopo i trattamenti – le opzioni terapeutiche attualmente disponibili offrono risultati limitati. Allo IEO, la Divisione di Oncoematologia diretta dal Prof. Enrico Derenzini sta lavorando a un approccio innovativo: utilizzare cellule NK prelevate dallo stesso paziente, potenziarle in laboratorio e poi reinfonderle in combinazione con anticorpi monoclonali e bispecifici e/o altri farmaci per renderle ancora più efficaci.

Cosa ha scoperto la Ricerca IEO

Il team ha sviluppato un metodo per far crescere e “attivare” le cellule NK in laboratorio, partendo da semplici prelievi di sangue. Dopo 20 giorni di coltura, le cellule risultano:

  • attivate in modo efficace,
  • presenti in quantità sufficienti per un uso clinico,
  • dotate di una forte attività antitumorale nei modelli sperimentali.

I risultati sono stati incoraggianti: in particolare, l’associazione tra cellule NK, l’anticorpo anti-CD20 Rituximab (un farmaco che riconosce e si lega a una proteina chiamata CD20, presente sulla superficie di molte cellule tumorali dei linfomi, segnalandole al sistema immunitario) e il farmaco immunomodulatore Lenalidomide (una molecola che stimola le difese naturali dell’organismo e ostacola la crescita del tumore) ha mostrato un’importante riduzione della crescita tumorale in modelli preclinici, confermando il potenziale di questa strategia.

Sono in corso ulteriori test con anticorpi di nuova generazione, come il Tafasitamab, diretto contro CD19 (un’altra proteina espressa sulla superficie delle cellule tumorali di molti linfomi), e con anticorpi bispecifici – anticorpi “intelligenti” in grado di legarsi contemporaneamente alla cellula tumorale e alla cellula NK, guidando quest’ultima a colpire con precisione il bersaglio.

Dalla Ricerca alla cura: prossimi passi

Una parte fondamentale del progetto è la traslazione in ambito clinico dei risultati ottenuti in laboratorio, cioè rendere questa terapia disponibile per i pazienti. Per farlo, è necessario sviluppare un prodotto conforme a standard di sicurezza molto rigidi, utilizzando piattaforme tecnologiche avanzate. Si stanno ponendo così le basi per nuovi studi clinici, dedicati proprio a quei pazienti che non hanno più alternative terapeutiche.

Perché le cellule NK sono così interessanti

Le cellule NK, oltre a dimostrarsi efficaci, presentano anche un profilo di tollerabilità favorevole – causano meno effetti collaterali – rispetto ad altre terapie cellulari, come le CAR-T. Un altro vantaggio importante è che le cellule NK hanno tempi di preparazione più brevi e, in molti casi, possono essere prelevate direttamente dallo stesso paziente (si parla di cellule “autologhe”), evitando il rischio di rigetto. Tutto questo rende l’approccio più flessibile e potenzialmente adatto anche a persone più fragili o con condizioni cliniche complesse.

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